È ora disponibile la dichiarazione (testo completo) relativa alla prima udienza tematica sull’acqua rilasciata dalla giuria del TPP della Sessione in difesa dei territori del Cerrado in occasione della giornata mondiale dei diritti umani. L’udienza si è tenuta nei giorni 30 novembre e 1 dicembre 2021 (si può accedere alle registrazioni cliccando sui due giorni).
TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI
SESSIONE IN DIFESA DEI TERRITORI DEL CERRADO
Dichiarazione della giuria del TPP
10 dicembre 2021
1. Introduzione
Il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) ha realizzato la prima udienza tematica della sessione in Difesa dei Territori del Cerrato dedicata all’acqua, in risposta all’atto di accusa presentato il 10 settembre 2021 da un ampio spettro di collettività, popoli, comunità e singoli membri della società civile brasiliana.
La giuria di questa sessione è composta da: Antoni Pigrau Solé, professore di diritto internazionale presso l’Università Rovira i Virgili di Tarragona, Spagna; Deborah Duprat, giurista ed ex procuratore generale aggiunto della Repubblica del Brasile; mons. José Valdeci della diocesi di Brejo, Brasile; Eliane Brum, giornalista brasiliana; Enrique Leff, economista e sociologo ambientale messicano; Rosa Acevedo Marín, sociologa venezuelana e docente presso l’Università Federale del Pará in Brasile; Silvia Ribeiro, giornalista uruguaiana e ricercatrice del Gruppo ETC; Teresa Almeida Cravo, professoressa di relazioni internazionali presso l’Università di Coimbra, Portogallo, e Philippe Texier, giurista francese e presidente del TPP.
I sei casi selezionati per illustrare le prove relative al tema dell’acqua sono stati accuratamente documentati con un’articolazione molto efficace di dati, materiali audiovisivi, testimonianze delle comunità e relazioni analitiche, in stretta coerenza con i temi centrali dell’atto di accusa, l’ecocidio e il genocidio culturale dei popoli del Cerrado. È stato assicurato un tempo rilevante per le domande dei giudici del TPP e le risposte dei rappresentanti delle comunità, i loro consulenti legali e gli esperti.
La giuria del TPP desidera innanzitutto esprimere un ringraziamento molto speciale alle comunità e ai popoli del Cerrado per il coraggio, la lucidità, la ricchezza dei saperi e per il loro operato nel rispetto della natura, al fine di proteggere l’integrità del bioma da cui dipende la sopravvivenza degli esseri umani e non umani. La giuria è stata testimone della sofferenza emotiva, unita alle perdite materiali e culturali, e della lotta quotidiana e continua di cui le comunità e i popoli del Cerrado sono protagonisti.
Questa dichiarazione non rappresenta e non anticipa un giudizio sui crimini indicati nell’atto di accusa, che sarà formulato alla conclusione delle tre sessioni tematiche. Data la gravità e l’urgenza delle prove già presentate è tuttavia necessario e opportuno, riassumere nei seguenti punti le prime considerazioni della giuria:
- Con la complessità della sua storia, antica e attuale, il Cerrado costituisce un contesto di interesse prioritario non solo per il Brasile, ma anche per lo spettro di situazioni in cui i piani dichiarati di “sviluppo”, si traducono, da un lato, in progetti che violano i diritti fondamentali, individuali o collettivi, tra cui il diritto alla dignità, all’autodeterminazione e alla vita, e dall’altro, dall’altro lato trattano la loro perdita semplicemente come un “effetto collaterale” o “sacrifici necessari”.
- Con la metodologia e la logica del TPP che concepisce la propria missione come come un riconoscimento dei popoli ad essere soggetti titolari di diritti, visibili nello spazio pubblico, con diritto di parola esercitato come una libera espressione della loro cultura e della loro vita.
- La coerenza metodologica dei materiali messi a disposizione del TPP evidenzia la gravità e il carattere dei fatti che sono stati presentati a sostegno della denuncia delle violazioni dei diritti umani e dei popoli, in relazione ai contesti dell’ambiente e delle tradizioni che sembrano essere specificamente rilevanti per i popoli e le comunità che abitano il Cerrado.
- Tenendo conto degli obiettivi indicati nell’atto d’accusa, la giuria riconosce la forza degli argomenti concreti e dottrinali che impongono di considerare le comunità e i popoli del Cerrado come una realtà con caratteristiche culturali, lavorative e di civiltà che devono essere considerate inviolabili, rispettate e autonome, indipendentemente dai piani di “sviluppo” proposti da agenti esterni, pubblici o privati, o frutto di alleanze collusive, che mirano alla distruzione o alla marginalizzazione strutturale dei popoli del Cerrado.
- La giuria comprende l’urgenza e la rilevanza delle raccomandazioni presentate dalle comunità, che saranno considerate nella sede opportuna.
- La giuria riconosce il ruolo fondamentale svolto dalle donne, in questa lotta collettiva e in ciascuna di queste comunità.
- La giuria è rimasta particolarmente colpita dalla forza della memoria collettiva delle comunità, che si è espressa durante l’udienza in molti modi, non solo focalizzandosi sui fatti, ma anche sulla possibilità e l’obbligo di un futuro creativo. Le capacità e le esperienze di resistenza che sono state presentate e commentate, con riferimenti molto precisi, rappresentativi della situazione conflittuale degli ultimi anni, hanno evidentemente radici antiche condivise dalle comunità.
2. Casi presentati
Il primo caso riguarda le comunità tradizionali fluviali di Fecho de Pasto della Bahia occidentale, che denunciano l’espropriazione dei loro territori, così come il dominio e l’uso predatorio dell’acqua da parte delle imprese agroalimentari che partecipano al Piano di Sviluppo Agricolo MATOPIBA (Stati di Maranhão, Tocantins, Piauí e Bahia). Durante l’udienza è stato spiegato che queste comunità vivono nei pressi del cosiddetto Espigão Mestre, un grande spartiacque dove nascono fiumi e torrenti che alimentano i bacini idrografici dei fiumi São Francisco, Tocantins e Parnaíba. Questa regione è di fondamentale importanza ecologica nel rapporto Cerrado-Caatinga, essendo un produttore di acqua per l’ecosistema del Semiarido brasiliano. L’espropriazione dei territori tradizionali di queste comunità avviene sia attraverso processi di “grilagem” (accaparramento illegale di terre) di migliaia di ettari di terre pubbliche, sia per mezzo del sostegno di risorse pubbliche per la realizzazione di mega strutture di irrigazione. Sono state identificate le imprese che violano i diritti delle comunità che, oltre all’appropriazione indebita di terra e acqua, utilizzano uomini armati e formano milizie formalmente protette da imprese di sicurezza private per esercitare ogni tipo di violenza, tra cui omicidi, distruzione di coltivazioni e proprietà, limitazione del diritto alla libera circolazione nelle comunità, impedendo l’accesso ai territori tradizionalmente utilizzati per l’allevamento. Oltre all’enorme estrazione di acqua autorizzata dall’agenzia ambientale dello Stato di Bahia, è stata denunciata l’estrazione illegale che ha comportato la distruzione del bacino del fiume Corrente, evidenze di morte nel fiume Arrojado, la trasformazione di ruscelli perenni in temporanei, il prosciugamento di sorgenti, fiumi e corsi d’acqua, e l’inquinamento da agrotossici. Queste comunità tradizionali hanno anche denunciato il disboscamento legale e illegale di migliaia di ettari di vegetazione nativa, così come la responsabilità dell’Instituto do Meio Ambiente e Recursos Hídricos (INEMA), nello Stato di Bahia, per il rilascio incontrollato di autorizzazioni di disboscamento e donazioni d’acqua. Sottolineano anche l’omissione del potere giudiziario e legislativo locale e denunciano la mancanza di consultazione stabilita dalla Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).
Il secondo caso riguarda i popoli indigeni Krahô-Takaywrá e Krahô Kanela, i cui territori si trovano nei bacini dei fiumi Formoso e Javaés, rispettati, amati e venerati da questi popoli che hanno un legame ancestrale con le loro acque. Associati al mito della creazione, questi fiumi sono pertanto spazi sacri dove vivono gli encantados. Dal 1979, i governi federale e statale hanno avviato il Proyecto Río Formoso, che prevede la realizzazione di infrastrutture di irrigazione per inondazioni per lo sviluppo di monocolture di riso, anguria e soia transgenica, basate sul consumo intensivo di acqua e agrotossici. Migliaia di ettari di terra pubblica sono stati donati ai produttori agroalimentari, togliendoli così dai beni comuni e trasferendoli allo stock commerciabile della terra privata. L’infrastruttura di irrigazione è stata finanziata con risorse pubbliche provenienti da risorse statali e dal Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social (BNDES). Questi popoli indigeni, così come altre comunità tradizionali della regione, denunciano la situazione di insicurezza idrica in cui vivono, così come gli enormi danni socio-ambientali causati dal Proyecto Río Formoso e da molti altri che vi si sono aggiunti, compresa la costruzione di dighe. Anche in questo caso, l’appropriazione dei territori tradizionali si è intensificata e non c’è stata alcuna consultazione preventiva, libera e informata, come previsto dalla Convenzione 169 dell’OIL. Accanto alle imprese che violano i diritti, segnalano la responsabilità specifica della Segreteria di Stato dell’Ambiente e delle Risorse Idriche del Tocantins (Semarh) e dell’Istituto della Natura del Tocantins (Naturatins), che, oltre a rendere praticabili i progetti, non effettuano un’adeguata supervisione e monitoraggio delle dighe, canali, acquedotti e stazioni di pompaggio installati illegalmente sui fiumi, consentendo così l’uso predatorio delle risorse idriche. Naturatins è responsabile anche dell’omissione di misure di garanzia degli usi multipli dell’acqua e la gestione partecipativa di questo bene comune, come determinato dalla legge 9.433 dell’8 gennaio 1997. I fiumi Formoso e Javaés hanno avuto i loro flussi fortemente ridotti e altri sono insabbiati, torrenti e laghi hanno ridotto la loro quantità d’acqua e altri si sono prosciugati completamente, con la morte dei pesci e compromettendo il diritto alla sovranità e la sicurezza alimentare e nutrizionale dei popoli e delle comunità della regione. Gli indigeni, specialmente le donne, riferiscono di dover camminare per chilometri alla ricerca di acqua per bere, cucinare e per le faccende domestiche. I tradizionali raccolti di flusso e riflusso sono diventati impraticabili a causa dei cambiamenti nella dinamica dei fiumi; la quantità e la diversità dei pesci, principale fonte di proteine per le comunità locali, è stata drasticamente ridotta, come conseguenza della contaminazione da agrotossici, causando in tal modoinsicurezza alimentare e nuove malattie.
Il terzo caso si riferisce alle comunità veredeiras del Minas Gerais settentrionale, concentrate in vaste aree di gerais (altopiani non recintati, come aree di uso comune) sulla riva sinistra del fiume São Francisco. Le veredas (valli dove sgorga l’acqua) si trovano in mezzo alle zone del Cerrado e giocano un ruolo cruciale nell’equilibrio idrologico delle falde acquifere, poiché regolano il flusso di centinaia di torrenti che formano i principali fiumi che sfociano nel fiume São Francisco. I veredeiros hanno sviluppato un sistema di produzione agro-estrattivista, con coltivazioni mobili nelle paludi e nelle foreste, raccolta e rilascio di animali, con abitazioni vicine ai corsi d’acqua. Tuttavia, alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, le loro aree comuni cominciarono ad essere privatizzate per la piantagione di eucalipti, che a loro volta comportarono il drenaggio di paludi e strade per l’irrigazione, mentre la vegetazione nativa fu utilizzata per alimentare le fornaci delle acciaierie installate nella regione. Non potendo utilizzare le aree di altipiani e foreste privatizzate, le comunità Veredeiro iniziarono ad affrontare un’altra minaccia, le agenzie ambientali, che crearono mosaici di unità di conservazione composti da parchi nazionali e statali, con restrizioni all’uso tradizionale delle loro risorse e la criminalizzazione delle loro pratiche. Queste comunità stanno attualmente lottando per l’affermazione della loro identità e per il recupero di almeno una parte del loro territorio, riprendendo il “Territorio Veredeiro Berço das Águas”. Accusano il governo del Minas Gerais (Instituto de Terras de MG e Instituto Estadual das Florestas) e l’Unione Federale (IBDF, estinto e incorporato dall’IBAMA – Instituto Brasileiro do Meio Ambiente e dos Recursos Naturais Renováveis) per la realizzazione di programmi e progetti che hanno promosso il processo di esproprio delle loro terre e territori tradizionali, così come la devastazione ambientale.
Il quarto caso è legato alla rottura della diga di rifiuti tossici della compagnia mineraria Vale S/A, B1 nella miniera Córrego do Feijão, nel comune di Brumadinho-MG, che ha scaricato tonnellate di fanghi contenenti sostanze tossiche lungo il fiume Paraopeba, contaminando l’intero bacino e causando la morte di 272 persone. La denuncia presentata al TPP proviene dalla comunità Cachoeira do Choro, situata sulle rive del fiume Paraopeba, che riferisce che questo fiume, affluente del São Francisco, fa parte della storia e della memoria regionale, essendo fondamentale per la costituzione della diversità culturale e, quindi, per le relazioni socio-ambientali, economiche, spirituali e alimentari delle comunità con l’acqua e la natura. A causa di questo crimine, la Vale S/A è stata imputata in diverse azioni legali iniziate dalla Procura (federale e statale) e dall’Ufficio del difensore pubblico di Minas Gerais. Nel luglio 2019, queste azioni sono state complessivamente giudicate con una sentenza che determina il pieno risarcimento delle famiglie, delle comunità e dei comuni colpiti dalla rottura della diga. È stato anche stabilito che l’entità e la causa dei danni sarebbero stati determinati dalla perizia giudiziaria. Tuttavia, invece di avanzare nella piena riparazione, le istituzioni della giustizia, lo stato di Minas Gerais e la Vale S/A hanno firmato un accordo giudiziario nel febbraio 2021, senza che le comunità ne fossero conoscenza o né avessero possibilità di parteciparvi, subendo chiaramente gli effetti dell’accordo. Inoltre, la Vale S/A ha spinto per il verificarsi della prescrizione, affermando che i danni non possono essere riparati perché sono già passati tre anni da quando è avvenuto il disastro. La comunità denuncia la grave carenza d’acqua, l’accesso limitato all’acqua e l’insicurezza dell’uso dell’acqua a causa dell’alta contaminazione dell’acqua. Quando il COPASA e la Vale S/A fanno delle analisi, i risultati non vengono divulgati. Si evidenziano le ripercussioni di questi eventi sul diritto alla sovranità, così come sulla sicurezza alimentare e nutrizionale, e gli impatti sulla generazione di reddito proveniente specificamente dalla pesca e dal turismo.
Il quinto caso riguarda la comunità contadina di Macaúba, situata a Catalão de Goiás, dove vivono 40 famiglie che, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, hanno assistito all’avanzare dell’attività mineraria (estrattiva e chimica) nella Serra Quebrada, nelle sue acque e nel suo territorio, portata avanti fondamentalmente da imprese transnazionali che estraggono niobio e fosfato, materie prime destinate esclusivamente all’esportazione. Le imprese Mosaic Fertilizers e CMOC (China Molybdenum Company) sono state identificate come principali responsabili della violazione dei diritti della comunità, con finanziamenti pubblici del BNDES-Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social). Dall’installazione delle compagnie minerarie nel comune, c’è stato un processo cronico di espropriazione ed espulsione delle famiglie contadine dalle loro terre, ora intensificato dall’intenzione di Mosaic e CMOC di espandere le aree di esplorazione nella comunità di Macaúba. Oltre allo sgombero forzato delle case, le scuole sono state chiuse, causando la migrazione interna verso la periferia di Catalão. Le 40 famiglie che resistono a Macaúba sono vittime di processi giudiziari aventi la finalità di costringerli a uno sgombero forzato, oltre a pratiche che costituiscono molestie, come: negoziazioni individuali con le famiglie contadine (che colpiscono la gestione comunitaria); cooptazioni e conflitti interni, che portano all’indebolimento dell’organizzazione sociale; un’offerta di valore insignificante che, una volta non accettata, viene depositata in tribunale, obbligando i contadini a intraprendere una battaglia legale. Con la perdita del territorio e dei mezzi di produzione, l’identità collettiva è seriamente minacciata, soprattutto perché sempre più uomini e donne rurali sono diventati dipendenti delle compagnie minerarie della regione. Inoltre, Mosaic ha due dighe di detriti di fosfato nel comune di Catalão, molto vicino alla comunità di Macaúba, una delle quali contiene 32 milioni di metri cubi di detriti (quasi tre volte la capacità della diga di Brumadinho, che è crollata). La piantagione di eucalipto insieme all’estrazione di minerali ha fatto sì che le sorgenti situate nella comunità si secchino, vadano sottoterra e vengano inghiottite e contaminate da rifiuti tossici. Le corporazioni stanno causando una carenza di acqua potabile per il consumo umano e per la produzione dell’agricoltura familiare, oltre alla distruzione della flora e della fauna del Cerrado. La comunità attribuisce la responsabilità allo Stato di Goiás, compresa la magistratura, che ha emesso decisioni a favore di nuove espropriazioni di famiglie nella comunità di Macaúba, e alla Secretaria Estadual de Meio Ambiente e Desenvolvimento Sustentável, che rilascia licenze ambientali e rinnova licenze e concessioni contrariamente alle norme legali e senza studi adeguati.
Il sesto caso riguarda le comunità geraizeiras di Vale das Cancelas, che occupano questo territorio situato nella Serra da Bocaina in Minas Gerais da almeno sette generazioni, e sviluppano la loro economia basandosi sulla complessa conoscenza dei cicli e delle dinamiche della natura. Sugli altopiani più alti praticano l’allevamento tradizionale, così come la caccia e la raccolta di frutti e piante medicinali, e, nelle pianure, sviluppano l’agricoltura familiare. Nei tabuleiros (zone intermedie), costruiscono le loro case e coltivano piccoli orti. Tuttavia, a partire dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, l’agribusiness ha dominato e ha iniziato a distruggere gli altipiani, soprattutto attraverso la monocoltura di eucalipti e pini. Dal 2000, c’è stato un processo di invasione da parte delle corporazioni minerarie nel territorio tradizionale del geraizeiro. La deterritorializzazione delle comunità geraizeiras è stata sostenuta dall’apparato giudiziario, attraverso procedure non chiare di registrazione di terre senza titoli validi, oltre a una valanga di cause individuali a danno dei loro diritti e della loro lotta. Sono anche frequenti le segnalazioni di molestie, minacce di morte e coercizione da parte delle guardie di sicurezza private assunte dalle compagnie. Con il confinamento delle comunità geraizeiras nelle grotte, con la negazione dell’accesso agli altopiani e l’uso intensivo di prodotti agrochimici, le comunità subiscono una decostruzione del modo di vita tradizionale e dell’autonomia produttiva. I crimini ambientali sono numerosi: deforestazione, prosciugamento di sorgenti e corsi d’acqua; contaminazione del suolo, dell’aria e dell’acqua; riduzione della diversità e della quantità di pesci a causa del degrado della qualità dell’acqua; scomparsa di specie animali e vegetali; comparsa di malattie nella frutta locale. Tutto questo potrebbe peggiorare se si realizza il Blocco 8, un progetto di estrazione a cielo aperto, in cui si vuole costruire il secondo più grande condotto minerario del mondo, senza che finora sia stato avviato alcun processo di consultazione sulla base della Convenzione 169 dell’OIL. Le comunità accusano, oltre alle imprese: il governo federale, per aver coordinato il programma che ha espropriato le terre tradizionali; l’IBAMA, che nel 2019 ha rivisto in modo frammentario la decisione sulla licenza ambientale per l’oleodotto; e l’Agência Nacional de Águas, che ha concesso una licenza alla compagnia mineraria SAM (responsabile dell’oleodotto) permettendo il consumo abusivo di acqua in una regione con gravi problemi di scarsità idrica. Per quanto riguarda lo stato di Minas Gerais, c’è un’omissione di fronte alle violazioni dei diritti delle comunità, così come un contributo attivo alla realizzazione di questo modello predatorio. I processi di costruzione dei protocolli di consultazione in Minas Gerais sono sotto pressione per non essere realizzati.
3. Considerazioni generali
I casi in esame hanno caratteristiche comuni che giustificano pienamente l’intervento del Tribunale Permanente dei Popoli. Tutte le organizzazione richiedenti si presentano come “popoli tribali” secondo i termini della Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Dopo aver concettualizzato i popoli tribali e i popoli “considerati indigeni” all’articolo 1, punto 1, la Convenzione stabilisce, al punto 2, che “Il sentimento di appartenenza indigena o tribale deve considerarsi criterio fondamentale per la determinazione dei gruppi a cui s’applicano le disposizioni della presente Convenzione”. Due considerazioni sono particolarmente importanti: la definizione di popoli indigeni e di popoli tribali è abbastanza aperta, convergendo su un unico vettore: l’organizzazione sociale, culturale, economica e politica che li distingue, in tutto o in parte, da altri settori della società circostante; l’elemento centrale di definizione è la consapevolezza del gruppo della propria identità.
Per il contesto brasiliano è pertinenete la considerazione che i punti I e II dell’articolo 3 del decreto 6040 del 7 febbraio 2007, che istituisce la Politica Nazionale per lo sviluppo sostenibile dei popoli e delle comunità tradizionali, meritano di essere trascritti:
“I – Popoli e Comunità Tradizionali: gruppi culturalmente differenziati e riconosciuti come tali, che hanno forme proprie di organizzazione sociale, che occupano e utilizzano territori e risorse naturali come condizione della loro riproduzione culturale, sociale, religiosa, ancestrale ed economica, utilizzando conoscenze, innovazioni e pratiche generate e trasmesse dalla tradizione;
II – Territori Tradizionali: gli spazi necessari alla riproduzione culturale, sociale ed economica dei popoli e delle comunità tradizionali, di uso permanente o temporaneo, osservando, rispetto ai popoli indigeni e quilombola, rispettivamente, le disposizioni degli articoli 231 della Costituzione e 68 della Legge di Disposizioni Costituzionali Transitorie e altre norme”.
Già nel preambolo del suo Statuto fondato sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli proclamata ad Algeri il 4 luglio 1976, il TPP identifica la propria funzione come tribuna di visibilità “per l’affermazione dei diritti dei popoli esposti a violazioni gravi e sistematiche da parte di attori pubblici e privati, nazionali e internazionali”. L’analisi preliminare dei casi portati all’attenzione del TPP in questa sessione documenta l’esistenza di violazioni realizzate per un lungo periodo di tempo, da attori privati, comprese le transnazionali, sostenute da segmenti pubblici, senza che la magistratura brasiliana abbia adottato misure soddisfacenti diprevenzione e riparazione. Le condotte denunciate, che saranno debitamente indagate in contraddittorio, rientrano inizialmente negli articoli 5 (crimini ecologici, in particolare l’ecocidio previsto dall’art. 5.1) e 6 (crimini economici) dello Statuto del TPP, entrambi attribuibili allo Stato (art. 9) e alle imprese (art. 10). L’articolo 7 dello Statuto del TPP riguardante i “crimini di sistema” può anche essere applicato. Le denunce devono quindi essere considerate ammesse e perseguibili.
La giuria di questa sessione tematica desidera ringraziare e riconoscere come elemento fondamentale della forza documentaria le espressioni culturali e sacre che hanno permesso una comprensione più profonda del perché l’acqua e la terra del Cerrado costituiscono beni comuni non solo per il Brasile, ma anche per i popoli umani e non umani del pianeta, che trovano nel futuro del Cerrado la propria garanzia di sopravvivenza.