La storia dell’oppressione turca e delle violazioni dei diritti fondamentali del popolo curdo, a partire dal diritto all’autodeterminazione riconosciuto dal diritto internazionale, è lunga e atroce, come documentano numerose ricerche e inchieste internazionali.
In manifesta violazione dei diritti umani e dei diritti dei popoli, i curdi sono sistematicamente esclusi da ogni processo di decisione economica e politica; la loro cultura è sottoposta a distruzione; l’uso della loro lingua è vietato in pubblico; i loro partiti politici, i giornali e i giornalisti sono perseguitati.
Poco più di un anno fa (15-16 marzo 2018), il Tribunale Permanente dei Popoli ha dedicato la sessione di Parigi all’esame di numerose denunce per violazioni del diritto internazionale e del diritto umanitario, con specifico riferimento a:
– crimini di guerra commessi in molte zone dell’Anatolia del Sud-Est, abitate da popolazione prevalentemente curda;
– crimini di Stato (attentati e assassinii) commessi, in Turchia e all’estero, contro rappresentanti del movimento curdo, i suoi organi di stampa e le sue istituzioni.
Numerose organizzazioni non governative si sono rivolti al Tribunale internazionale di opinione, promosso dalla Fondazione Basso, in quanto tali crimini non possono essere giudicati dalla Corte Penale Internazionale (la Turchia non ha firmato la Convenzione di Roma che ha istituito tale Corte) per l’inerzia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che finora ha omesso di denunciare il Governo turco – come era ed è doveroso fare –davanti a tale giurisdizione.
La giuria del TPP, composta da personalità autorevoli e indipendenti, ha ritenuto, sulla base dei Patti internazionali del 1966 e della Dichiarazione universale dei diritti dei popoli, la responsabilità dello Stato turco per:
- aver negato al popolo curdo l’identità e il diritto all’autodeterminazione, riconosciuto dal diritto internazionale vigente, impedendone ogni partecipazione alla vita politica, economica e culturale del paese, repressa come minaccia terroristica all’autorità dello Stato turco;
- avere commesso massacri e deportazioni di massa nel sud-est dell’Anatolia, nell’evidente intento di realizzare l’eliminazione fisica di una parte del popolo curdo;
- avere commesso crimini di Stato (omicidi, esecuzioni extragiudiziarie, sparizioni forzate) in Turchia e all’estero, i cui responsabili sono rimasti impuniti per assenza di serie indagini da parte delle autorità istituzionali.
In particolare, Erdogan è stato ritenuto responsabile dei predetti crimini, in quanto – con le sue ripetute dichiarazioni contro la popolazione curda che vive nelle regioni dell’Anatolia del sud-est e con l’arbitraria attribuzione della qualifica di terroristi ai dirigenti politici curdi – ha incitato e legittimato i militari e le forze di polizia all’uso di una violenza indiscriminata contro di essi.
L’attuale regime turco, sul piano interno, comprime la vita democratica e manomette lo Stato costituzionale di diritto, reprimendo la libertà di opinione e manifestazione e incarcerando avvocati e magistrati; sul piano esterno, calpesta i tre principi fondamentali su cui è basato il diritto internazionale formatosi con l’istituzione delle Nazioni Unite: il divieto della guerra, che oggi costituisce illecito internazionale; la tutela universale della dignità umana; il diritto di autodeterminazione dei popoli.
A questo Stato, che viola ogni diritto e mette a repentaglio la pace nel mondo, Paesi membri dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, hanno continuato a fornire armamenti micidiali, oltre al sostegno economico, finalizzato al blocco del popolo dei profughi.
Al di là della retorica politica che si esaurisce in dichiarazioni, la credibilità dell’Europa e dell’Italia si misurerà dai fatti e da necessarie e concrete iniziative, quali:
– l’esercizio di ogni pressione per un immediato cessate il fuoco;
– la cessazione immediata di ogni sostegno economico e di qualsiasi fornitura di materiale e tecnologia militare;
– la richiesta di intervento immediato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per – l’adozione di tutte le misure previste dallo Statuto dell’ONU;
– la richiesta di sospensione della Turchia dal Comitato dei Ministro del Consiglio d’Europa;
– il congelamento dell’accordo di associazione dell’Unione europea con la Turchia
Roma, 16 ottobre 2019
Franco Ippolito
Presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso