Berta Cáceres, coordinatrice del Consejo de Pueblos Indígenas de Honduras (Copinh) è stata uccisa lo scorso 3 marzo esattamente una settimana dopo aver denunciato l’assassinio di 4 dirigenti della comunità indigena lenca di cui era portavoce. Per la sua attività di denuncia, difesa e accompagnamento dei popoli indigeni dell’Honduras contro le malefatte e i ripetuti soprusi delle imprese transnazionali, Berta era stata insignita lo scorso anno del prestigioso Goldman Environmental Prize, meglio conosciuto come il premio nobel per l’ambiente.
Recentemente Berta si era opposta alla costruzione di una grande centrale idroelettrica nel fiume Gualcarque, progetto appartenente all’impresa statale DESA (Desarrollos Enérgeticos SA) e alla multinazionale cinese Sinohydro, possibile anche grazie ai finanziamenti dalla Banca mondiale. Il progetto era stato avviato senza aver consultato il popolo indigeno lenca, violando di fatto quanto stabilito da numerosi trattati internazionali. La distruzione dell’ecosistema e lo sfollamento di centinaia di persone hanno provocato manifestazioni di opposizione della comunità indigena colpita e dei loro difensori, e la conseguente interruzione dei lavori di realizzazione dell’opera per 21 mesi, da cui sono scaturite ripetute occasioni di violenza messe in atto dalle forze di sicurezza private dell’impresa e dalle forze armate dell’Honduras.
Il nome di Berta Cáceres si aggiunge a quello di donne e uomini uccisi per essersi opposti alla realizzazione di grandi opere come quella descritta. Sono i casi di Moisés Durón Sánchez, William Jacobo Rodríguez, Maycol Rodríguez y Tomás García. Dal 2009, anno del colpo di stato che ha destituito Manuel Zelaya, la violenza nel paese è aumentata parallelamente alle politiche basate sull’estrattivismo e lo sfruttamento delle risorse del paese. È quello che Berta Cáceres denunciava con chiarezza da tempo: “A medida que ha ido avanzando las grandes inversiones del capital transnacional, con empresas vinculadas al poderoso sector económico, político y militar del país, esas políticas neoliberales extractivistas han provocado también un aumento de la represión, criminalización y despojo a las comunidades, que han sido desplazadas de manera forzada”.
Quello che è successo a Berta non può considerarsi un caso isolato. Nemmeno la violenza che ora attraversa l’Honduras lo è. L’ultimo rapporto del Global Witness riporta 116 attivisti uccisi nel 2014 per difendere l’ambiente in 17 paesi, mentre il rapporto di Frontline defenders parla di 156 difensori dei diritti umani uccisi nel 2015.
Il Tribunale Permanente dei Popoli ha realizzato negli ultimi anni numerosi processi per denunciare cause e attori di questa violenza e per ricostruire il sistema di impunità che protegge gli interessi delle imprese transnazionali, a danno, ovviamente, di numerose collettività e popoli in tutto il mondo. Berta Cáceres era stata uno dei numerosi testimoni ascoltati dal Tribunale nel corso della sessione dedicata alle politiche dell’Unione europea e alle imprese europee nella regione latinoamericana, conclusasi a Madrid nel 2010 dopo un processo di indagini inaugurato a Vienna nel 2006.
La sentenza conclusiva che qui riproponiamo, mette a fuoco perfettamente il grande potere delle imprese transnazionali e l’architettura giuridica che le favorisce (si tratta dell’insieme di contratti, di trattati commerciali, delle decisioni dei tribunali ad hoc per il regolamento delle controversie relative agli investimenti) e delinea molteplici livelli di responsabilità dei governi e delle istituzioni finanziare internazionali nella commissione di gravi violazioni e di crimini contro l’umanità. Non esistono, come la Sentenza evidenzia, meccanismi vincolanti per le imprese transnazionali, il cui operato è regolamentato da ordinamenti nazionali contaminati dalla logica neoliberale, da un diritto internazionale dei diritti umani decisamente fragile e dal carattere inutilmente volontario della responsabilità sociale corporativa.
Il Tribunale di Madrid aveva accolto la richiesta di molti testimoni che come Berta avevano sottolineato l’urgenza di trovare misure adeguate per la difesa dei diritti umani e di coloro che rischiano la vita in ogni parte del mondo. Inoltre, il Tribunale aveva formulato numerose proposte e raccomandazioni ora più che mai attuali per l’approvazione di norme vincolanti per il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese, degli Stati e delle istituzioni finanziarie internazionali, insieme alla creazione di un centro di monitoraggio delle attività economiche nei paesi più vulnerabili, e all’istituzione di un tribunale internazionale per i casi di violazioni dei diritti umani commessi dalle imprese e dai loro dirigenti.
Il Tribunale aderisce pienamente alle tante voci che in ogni parte del mondo hanno ripudiato e condannato la tragica morte di Berta Cáceres. È indispensabile in questo momento fermare l’ondata di violenza che investe l’Honduras e garantire indagini indipendenti e imparziali che chiariscano i responsabili dell’uccisione di Berta e dei suoi compagni.