Roma, 07-05-2009
Introduzione
Questo ritorno del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) sulle pagine di ”Medicina Democratica” può essere ricondotto a due motivi. Il primo è quello di far conoscere la realtà di un coinvolgimento profondo di sindacati, ONG, organismi di base, comunità contadine e popoli indigeni nel produrre un quadro conoscitivo e una chiave di lettura originale sul ruolo delle transnazionali (soprattutto di origine europea) nella definizione-violazione del diritto alla vita delle popolazioni dell’America Latina e del Caribe, con una focalizzazione particolare sulla Colombia. Il secondo è quello di proporre materiale per una riflessione più complessiva sulla continuità-complementarietà con cui l’alleanza tra governi e imprese transnazionali condiziona la fruizione della vita e della salute (in un contesto di sostanziale impunità) delle popolazioni del Sud del mondo, attraverso due meccanismi che si integrano,ovvero: le condizioni di non sicurezza (di cui il disastro di Bophal precedentemente riportato su questo giornale ne costituisce un modello tragicamente esemplare) e la violazione quotidiana e sistematica delle condizioni di vita delle popolazioni nel loro complesso.
Obiettivi e contenuti delle sessioni del TPP sulle multinazionali
A causa del moltiplicarsi dei casi di violazione dei diritti umani su scala mondiale e dell’esclusione dei crimini di natura economica dalle competenze della Corte Penale Internazionale e della Corte Internazionale di Giustizia il TPP ha realizzato nel biennio2006-2008 due sessioni parallele. La prima sulle multinazionali in America Latina si è articolata nei due eventi di Vienna (maggio2006) e di Lima (maggio 2008) realizzati parallelamente ai vertici dei capi di Stato e di governo Europa-America Latina. La seconda sulle multinazionali in Colombia, si è articolata in sette udienze tematiche che hanno preceduto la sessione deliberante tenutasi a Bogotà nel mese di luglio scorso, a cui hanno assistito più di 3000organizzazioni che hanno sottoscritto la sentenza finale,rintracciabile nel sito della Fondazione Basso – Sezione internazionale (www.internazionaleleliobasso.it).L’analisi comparativa del modus operandi delle multinazionali in relazione alle dimensioni economiche, sociali e politiche dei Paesi presi in esame,ha evidenziato il rapporto consequenziale tra la crescita esponenziale del potere delle multinazionali e il depotenziamento del ruolo degli Stati. Grazie alle combinazione di alcune norme internazionali liberali le multinazionali possono avvalersi della grande diversità e stabilità politica, giuridica e istituzionale dei differenti Stati e modificare le loro politiche in materia sociale, lavorativa, ambientale e fiscale a danno dei diritti dei cittadini.In questo contesto, la Colombia si inserisce come un modello o un laboratorio di violazione dei diritti umani in America Latina. Proprio in questo Paese che gli interessi dei soggetti economici nazionali e internazionali trovano piena corrispondenza nel progressivo abbandono da parte dello Stato delle sue funzioni e dei suoi doveri costituzionali di difesa della dignità e della vita della popolazione. Lo schema che segue può essere esplicativo della connessione tra la presenza delle multinazionali nel Paese, lo sfruttamento delle risorse, la radicalizzazione del conflitto e la persistenza di casi di violazione dei diritti umani.
La documentazione dell’impatto delle politiche governative e industriali sulle violazioni dei diritti umani in Colombia
Secondo quanto documentato dalle organizzazioni richiedenti la sessione, la rinuncia dello Stato colombiano ad attuare come stato di diritto si è tradotta nell’impunità istituzionalmente garantita per i 300.000morti registrati negli ultimi 10 anni, metà dei quali causati da gruppi paramilitari, per i 4000 sindacalisti uccisi negli ultimi 20anni, per i migliaia di indigeni e contadini sterminati nelle campagne di terrore e per i 4 milioni di sfollati.Per comprendere la causa di tali fatti e del conflitto colombiano bisogna fare riferimento alla sovrapposizione tra l’esercizio della violenza e le continue misure di militarizzazione del Paese da un lato, e i sempre più massicci piani di investimento del capitale straniero dall’altro. È sufficiente richiamare la coincidenza tra il periodo passato alla storia con il nome di La Violencia (1948-1958), che è stato caratterizzato da processi di sfollamento forzato delle campagne e conseguente urbanizzazione e il primo momento di grande espansione degli investimenti sul territorio colombiano. Da allora, lo sviluppo della società colombiana è stato sempre accompagnato dalla violenzanarco paramilitare, dal terrorismo di Stato e dalla mancanza di processi o spazi di democrazia e partecipazione della società civile. Negli anni ’90, su pressioni della BM e del FMI, sono stati introdotti cambiamenti significativi nella legalizzazione degli investimenti stranieri, progressivamente equiparati a quelli nazionali. Le imprese straniere hanno avuto facile accesso ai sussidi dello Stato, alle sue linee di credito e ai sistemi di importazione/esportazione sostenuti da progetti di finanza pubblica.Negli ultimi anni, per proteggere e incentivare l’intervento delcapitale straniero in Colombia il governo di Uribe ha promosso unapolitica di ”sicurezza” definita democratica, strutturata sulla base della dottrina della sicurezza nazionale, di cui il Plan Colombia rappresenta l’espressione massima. Questo periodo che va dal2000 fino a oggi, ha registrato la cifra più alta di investimenti stranieri nella storia della Colombia: dai 3.786 milioni di dollari del 2005 si è giunti a 10.085 milioni del 2007. Dall’altro lato, tra il 2002 e il 2006 sono stati denunciati 11.292 casi di uccisioni e sparizioni forzate. Parallelamente è stata registrata una vendita massiccia delle imprese dello Stato agli investitori stranieri grazie a condotte corrotte dei dirigenti politici colombiani e ai meccanismi propri della finanza internazionale.La perdita della sovranità economica e politica dello Stato colombiano a favore delle multinazionali è stato un processo sviluppatosi grazie alla creazione di una rete di influenti personalità vicine alle imprese che operano nell’amministrazione dei ministeri e nei tribunali. Questa rete, assecondando le richieste delle imprese all’interno di tutti i poteri dello stato, legislativo, esecutivo,giudiziario, garantisce alle imprese una grande libertà di azione e impunità. La rappresentazione sostanziale di tale indirizzo è data dall’adozione di norme legislative come quelle aventi l’obiettivo di ostacolare la libertà sindacale e di deregolamentare i contratti collettivi. La destrutturazione del diritto del lavoro è stata incentrata nell’introduzione di precarizzazione diffusa,licenziamenti e smantellamento della rete di sicurezza sociale. La diminuzione del numero dei lavoratori e l’aumento delle ore di lavoro in una giornata ha moltiplicato forme di lavoro para-schiavistico e il numero di incidenti e morti sul lavoro.La protesta sociale che ha accompagnato tali riforme è stata duramente ostacolata da un clima di violenza e di terrore paramiliatare che ha portato, per esempio, grandi organizzazioni sindacali come il SINALTRAINAL o il sindacato USO ad una rapida estinzione negli ultimi venti anni. La persecuzione sistematica di ogni forma di opposizione alle politiche promosse dallo Stato in materia sociale e lavorativo,fatta rientrare all’interno del paradigma della lotta al terrorismo, ha rivelato il vincolo esistente tra lo Stato, le imprese e i gruppi armati paramilitari. Un dato che non può essere trascurato e che qualifica le imprese come uno degli attori del conflitto è proprio la coincidenza tra la distribuzione delle risorse naturali del Paese, le istallazioni delle grandi imprese transnazionali e le zone controllate dai paramilitari. In alcuni casi questa ”collaborazione” o aiuto o sostegno è evidente, come quello della Chiquita Brands, dell’imprese minerarie AngloAmerican, Bhp Billington, Glencore A.G., dell’impresa MultifruitS.A., dell’Union Fenosa e delle sue filiali. In altri casi, la coincidenza o la sincronizzazione tra le necessità delle imprese e le azioni criminose dei paramilitari ha portato il TPP a pensare aduna collaborazione informale. Sono i casi, per esempio, della Nestlée della Coca Cola.L’appropriazionee concentrazione spesso illegale della terra da parte delle multinazionali è avvenuta in attraverso l’uso di pratiche quali massacri, torture, esecuzioni extragiudiziarie, sparizioni,sfollamento forzato, in generale, crimini di lesa umanità. È il caso di zone di interesse geostrategico per l’alta disponibilità di risorse come, per esempio, le regioni Arauca e Chocò, che subiscono ancora oggi la presenza di nuovi gruppi illegali paramilitari. L’occupazione e lo sfruttamento della terra ha determinato un grave deterioramento della salute ambientale e umana. La mancanza di controlli istituzionali e gli alti livelli di corruzione hanno permesso uno sfruttamento intensivo delle risorse,che ha causato cambiamenti nella configurazione del paesaggio e nella geografia del territorio, incluso nella distribuzione della popolazione e nelle forme di vita all’interno e tra le diverse comunità. Le attività del settore minerario e petrolifero, in maggiore misura, hanno contaminato suoli e inquinato fiumi,accelerato processi di desertificazione e distrutto la frontiera agricola, oltre che causato gravi danni ai membri delle comunità vicine alle sedi delle imprese. Simili danni sono stati causati dalle pratiche della fumigazione indiscriminata con glifosato fabbricato dalla Monsanto e utilizzato dalla Dyncorp come strategia di eliminazione delle coltivazioni illegali. L’intervento sregolato e immorale delle imprese del settore del legno e agroindustriale ha causato la distruzione dell’ecosistema colombiano e la progressiva scomparsa della foresta umida tropicale. Uno degli impatti analizzati dal TPP come effetto della politica agroalimentare dello Stato colombiano e del controllo di questo settore strategico da parte di multinazionali come Nestlè, Coca Cola e Chiquita Brands è statol’alto livello di denutrizione e fame, determinati dalla perdita della sovranità alimentare e la dipendenza dai prodotti delle imprese straniere.
Le implicazioni relative alle responsabilità giuridiche e ai diritti dei lavoratori e dei cittadini.
Tutti i fatti denunciati nel corso della sessione hanno dimostrato che gli obiettivi della promozione dello sviluppo economico della povertà mondiale perseguiti dalle politiche del modello neoliberale implementate dagli Stati e dalle istituzioni internazionali come il FMI, la BM e l’OMC hanno in realtà causato un aumento considerevole delle disuguaglianze su scala mondiale e una sostanziale violazione del diritto alla vita, inteso non solo come diritto alla sopravvivenza, ma anche e soprattutto come diritto di condurre una vita degna.Per quanto riguarda il caso colombiano, la responsabilità dello Stato nell’aver determinato le condizioni legali e istituzionali che hanno permesso un peggioramento diffuso delle condizioni di vita dei suoi cittadini è apparsa indiscutibile, così come la sua responsabilità per i numerosi casi di violazione generalizzata dei diritti umani, di genocidio, di crimini di lesa umanità e crimini di guerra. Il Tribunale ha ricordato che secondo quanto stabilito dalla Corte interamericana dei diritti umani, uno Stato ha la responsabilità a livello internazionale rispetto a questi crimini. Quindi, le persone appartenenti agli organi dello Stato e ai gruppi paramilitari sono individualmente perseguibili a livello penale come attori o complici dei crimini menzionati che sono di competenza della Corte Penale Internazionale. Anche le imprese, in quanto soggetto di diritto privato sono responsabili in maniera attiva, come istigatori o complici, dei crimini denunciati dinanzi al Tribunale e per questo sono perseguibili penalmente.
Raccomandazioni e prospettive
La Carta sui rischi industriali e diritti umani con cui il TPP ha concluso la sessione sul disastro di Bophal nel 1994 anticipa nell’articolo 3 quello che il Tribunale ha approfondito con la sessione sulle multinazionali in America Latina e sulla Colombia, ovvero ”il diritto di ritenere responsabile ogni individuo, compagnia o agenzia governativa per le loro azioni che comportano rischi industriali”.Per rendere effettivo questo principio, il TPP ha oggi considerato necessario:
- riconoscere l’inefficacia del principio di responsabilità sociale che non vincola le imprese ad un dovere di verifica;
- conferire valore vincolante alle Norme sulle responsabilità delle imprese transnazionali e altre imprese commerciali nell’ambito dei diritti umani, proposte nell’ambito della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite il 26 agosto 2003;
- riconoscere il principio di responsabilità diretta della società controllante, superare il principio della personalità giuridica separata e della responsabilità limitata degli azionisti che isola ogni membro delle multinazionali dai suoi obblighi civili o penali nell’ambito dei diritti umani e dell’ambiente, garantendone una impunità totale;
- costituire un Tribunale Internazionale per i crimini economici e ambientali;
- modificare le politiche neoliberali applicate indiscriminatamente negli ultimi decenni nei Paesi più poveri, affinché siano prese in considerazione le peculiarità di ciascuno di essi e il diritto di ciascun popolo di determinare il proprio modello economico e il proprio processo di sviluppo;
- introdurre nelle politiche di finanziamento delle istituzioni finanziarie internazionali l’obbligo di valutare costi e benefici dei loro progetti, calcolare gli impatti economici, sociali e ambientali in materia di biodiversità e di cambiamenti climatici.
- esigere che l’Unione Europea effettui un controllo sugli aiuti economici destinati ai governi dell’America Latina nel pieno rispetto dei diritti umani;
- esigere che gli Stati di origine delle multinazionali – così come gli Stati dove queste intervengono – garantiscano il rispetto delle norme esistenti, stabiliscano norme internazionali vincolanti volte ad applicare gli stessi standard di rispetto dei diritti umani indipendentemente dal Paese in cui operano.
(articolo di Gianni Tognoni e Simona Fraudatario, pubblicato in “Medicina democratica” nel dicembre 2008)