La sentenza del TPP sulla violenza di Stato e ambientale in Papua occidentale è stata presentata il 1° ottobre alla 57a sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (scarica la sentenza in inglese qui)
La richiesta che ha portato alle audizioni pubbliche tenutesi alla Queen Mary University di Londra dal 27 al 29 giugno 2024, è stata avanzata dal Centre for Climate Crime and Climate Justice (CCCCJ) e da una rete di organizzazioni e associazioni internazionali e indonesiane per i diritti umani e ambientali.
Il compito assunto dal Tribunale è stato quello di stabilire la verità sulla repressione in atto, ma anche di chiarire e riaffermare i loro diritti inalienabili delle popolazioni indigene in materia di terra e ambiente. La documentazione presentata a questo Tribunale, e soprattutto le testimonianze ascoltate nelle udienze pubbliche, hanno delineato un quadro di attacco devastante alle vite e ai mezzi di sussistenza nella regione. La Papua occidentale rappresenta un caso esemplare di negazione del diritto all’autodeterminazione, principio riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti dei popoli che ha dato vita a questo Tribunale nel 1979.
Il TPP è stato chiamato a deliberare su quattro accuse mosse al governo indonesiano e ad attori stranieri: accaparramento di terre (a), repressione violenta e violazione dei diritti umani (b), degrado ambientale (c) e collusione tra lo Stato indonesiano e le imprese nazionali e straniere (d). La sentenza, che si compone di otto sezioni – tra cui: procedure adottate, risposte alle accuse, deliberazione e raccomandazioni -, può essere riassunta nei seguenti punti:
- Le comunità indigene hanno subito un doloroso esproprio e sono state private di libertà elementari, come quella di movimento, e private anche dei diritti economici.
- Il sistema di consultazione preventiva delle popolazioni interessate, l’acquisizione e la verifica del loro consenso informato è, dal controverso referendum di annessione del 1969, manipolato dallo Stato indonesiano per raggiungere i propri scopi e non garantisce alcun rispetto per la speciale relazione, economica ma anche spirituale, tra le popolazioni della Papua Occidentale e il loro ambiente.
- Al Tribunale sono stati presentati casi molto gravi e dati concreti di violazioni dei diritti umani. Le comunità indigene della Papua Occidentale vivono, secondo un testimone, “all’ombra della paura”. Questa condizione è stata costruita nel tempo attraverso i crimini dello Stato e la concessione dell’impunità agli autori di tali crimini.
- Gli effetti sulla terra, sull’acqua e sulle foreste sono gravi e sono causati dalle attività minerarie e agricole, dall’estrazione e dalla liquefazione del gas naturale, dalla deforestazione deliberata per le piantagioni di olio di palma e dai recenti progetti agroalimentari.
- Il Tribunale ritiene che il degrado ecologico non possa essere disgiunto dai progetti statali e aziendali che tendono all’annientamento di un popolo, o quello che è stato definito da più di un testimone un “lento genocidio”.
- Il Tribunale evidenzia l’implicazione del nesso militare Stato-imprese che caratterizza l’attività industriale nella regione. Si tratta di un regime di terrore, militarizzazione, impunità legale, irregolarità e restrizioni alla condotta umana e ai mezzi di sussistenza, nonché agli scambi di pensiero e di informazioni.
- In particolare, l’Esercito nazionale indonesiano è diventato strumentale alla protezione degli interessi dello Stato e delle imprese, in un modo che comporta la repressione contro coloro che si oppongono o denunciano gli abusi ampiamente documentati. Secondo un testimone, “non potevano prenderci la terra, quindi hanno dovuto creare un conflitto”.
- Le corporazioni considerate nell’accusa – tra cui Freeport McMoRan, British Petroleum e i suoi partner e undici corporazioni di olio di palma – sono direttamente implicate nella violenza perpetrata contro le comunità indigene. Il Tribunale ha anche appreso che gli Stati occidentali sono coinvolti nell’addestramento delle forze di sicurezza indonesiane, responsabili di abusi dei diritti umani. Il Tribunale ritiene, quindi, che non solo lo Stato indonesiano, ma anche gli Stati in cui hanno sede queste aziende, debbano essere sottoposti a un controllo internazionale.
I giudici del TPP ha formulato estese raccomandazioni al governo indonesiano (in merito a: terra ancestrale, ambiente e indigeni papuani; sfollati interni; giustizia e stato di diritto; accesso alle Nazioni Unite e all’assistenza umanitaria), al settore privato, ai Paesi della regione, alla comunità internazionale e agli attori privati, nonché alle organizzazioni della società civile nazionale e internazionale.
Il Tribunale ritiene incontestabile che la situazione sia molto urgente. Per sei decenni, la mentalità del neocolonialismo dei coloni, insieme alle sue pratiche concrete, ha portato a un grave deterioramento delle vite dei Papuasi occidentali che è peggiorata negli ultimi anni. La comunità internazionale è quindi chiamata a dare ascolto alle loro richieste di lunga data. In particolare, questo Tribunale ritiene imperativo che venga condotta al più presto un’ampia indagine delle Nazioni Unite, con un ampio mandato, al fine di valutare le violazioni passate e presenti commesse contro le comunità indigene della Papua Occidentale, nonché le possibili forme di responsabilità e riparazione.